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RITORNO AL GIOCO – (Casa… Base)

Quarto ed ultimo appuntamento con il racconto di Stefano Duranti Poccetti, la storia che abbiamo pubblicato a dispense sul nostro blog. Abbiamo fatto il giro del diamante, siamo arrivati al piatto di casa base. Ora il ragazzo, il protagonista, è pronto per giocare, ma chi sarà il giocatore uscito dal niente che lo ha preparato. Questa è la sorpresa finale che vi attende.

Buona lettura!

RITORNO AL GIOCO

di Stefano Duranti Poccetti

 

La mattina successiva portò finalmente la sua attrezzatura, dalla mazza al guantone. Appena lo vide, l’altro lo salutò: “Ti aspetto da molto, che fine avevi fatto? Sbrighiamoci adesso.” Poi, senza che il giovane avesse la possibilità di replicare, la misteriosa presenza si portò a circa cinquanta metri da lui e cominciò a fungargli delle palle alte. “Adesso devi prenderle al volo e spararmele nel guanto, intesi?” Non tutte le prese furono perfette e neanche i tiri. L’esercizio di quei giorni cominciava a renderlo esausto, anche considerato il fatto che gli allenamenti fossero avvenuti successivamente a una lunga assenza dall’attività sportiva. Nonostante questo, il giocatore non lo redarguì, anzi, lo incoraggiò: “Da parte tua questo amore per il baseball è veramente commovente ed esemplare. Forse è stato meglio per te praticarlo così, in modo dilettantistico, perché il professionismo annienta la purezza e distrugge il sogno.” Il ragazzo avrebbe voluto fare molte domande, ma sapeva che l’altro non avrebbe risposto. Chi era costui? Sicuramente di baseball ne sapeva molto, indubbiamente era stato un giocatore professionista, ma poteva trattarsi forse di un’allucinazione, di una visione dettata dalla passione maturata per lo sport. Poteva essere tutto questo, la cosa fondamentale è che quella presenza per lui fosse utile, per donargli ancora più forza di approcciarsi al futuro.

“Il nostro allenamento si è concluso anche per oggi e si è concluso per sempre.”, disse il giocatore. “Domani non dovrai fare assolutamente niente, soltanto rilassarti. Verrai qui, ti siederai su quel tronco e contemplerai la natura. Questo sarà abbastanza in vista del torneo. Sono sicuro che giocherai bene. Io non ci sarò.” Era giunto appena il giorno prima e adesso già lo lasciava, ma non replicò, perché sentiva che sarebbe stato infruttuoso, non avrebbe potuto trattenerlo. Sapeva infatti che i miracoli avvengono solo di passaggio. Nonostante questo nutriva dentro di sé la speranza che quella visione si sarebbe ripresentata – purtroppo non sarebbe stato così.

Quando si ritrovò per l’ultima volta in quella struttura abbandonata il giocatore infatti non c’era. Seguì però il suo consiglio, quello si sedersi sul solito tronco a meditare. Non avrebbe dedicato quella giornata all’attività fisica, ma unicamente alla pace del pensiero. Furono molte le riflessioni e le sensazioni che s’impossessarono della sua mente. Sopra ogni cosa si meravigliò del cambiamento che era intercorso in lui. Pochi giorni prima era convinto che non si sarebbe mai più riavvicinato al gioco del baseball, mentre adesso percepiva che quell’amore era ritornato al massimo del suo vigore. Pensò a quando per la prima volta in quella settimana era venuto ad allenarsi in quel luogo, che era riuscito a trasformare la sua prospettiva, permettendogli d’immergersi in una dimensione straordinaria. Sapeva che non avrebbe mai più rincontrato quel giocatore e anche quando fece ancora visita a quei luoghi la presenza non si mostrò mai più: era scomparsa insieme al suo armamentario di atleta, insieme a quello stesso campo di baseball che ora si mostrava quale un suolo scosceso di fango e di erbacce.

Il giorno del torneo arrivò e vi fu una grande festa da parte di tutta la squadra nell’accogliere il giovane che tornava finalmente a giocare. Eccolo lì, emozionato e determinato, al suo turno di battuta. Negli occhi brilla una storia sua, solo sua, ignorata da tutti gli astanti, mentre sta forse immaginando i segnali di un’arcana figura che gli offre consiglio… Non c’interessa sapere come andò quel torneo, la cosa fondamentale è che l’amore per il baseball avesse vinto e che quel ragazzo fosse tornato dentro al gioco, probabilmente stavolta per sempre.

Un giorno si aggirava tra i banchi di un mercatino dell’usato, quando il suo sguardo fu attratto da una vecchia figurina sbiadita che ritraeva un giocatore di baseball dei New York Yankees. Era un ragazzone sorridente in quella foto, dove appariva il nome di una leggenda. Sì, adesso quella fisionomia la riconosceva. Era stato proprio lui a presentarsi quella fantasmagorica estate permettendogli di perfezionarsi, ricordandogli che, anche se di fatto non lo era, poteva avere un cuore e un cervello da professionista. Era stato quello stesso che si era commosso davanti alla sua devozione per il baseball, che sarebbe dovuto rimanere un sogno d’amore per tutta la vita. Era lui, sì… Era il grande Lou Gerhig.

 

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