Le Tuscany regalano emozioni
La fine di un torneo porta con sé due cose, fondamentalmente: il rilassamento e la nostalgia.
Il rilassamento arriva violento, cala improvviso su chi ha lavorato per il torneo, il corpo preferisce non muoversi e godersi il “posso anche non fare niente per un’ora”.
La nostalgia è la somma del silenzio e del vuoto. Niente più urla, risate, richiami dei bambini e degli accompagnatori. Niente più movimento, affollamento in campo, niente più da vedere, niente spettacolo. E’ una mistura strana, la sensazione che lascia.
Inevitabile ricordare i momenti migliori. Inevitabile valutare il peso di quei momenti, alcuni validi tecnicamente, altri validi per il carico educativo e affettivo che hanno racchiuso in sé.
Così tornano in mente gli sguardi curiosi dei bambini, appena arrivati in un posto nuovo, in esplorazione per conoscere quel luogo dove, dal giorno dopo, avrebbero dovuto giocare.
Il sentire nell’aria quella sensazione di festa, quella celebrazione dell’essere “grandi” lontani da casa, lontani dai genitori, autonomi alle prime esperienze: andare in giro per tornei fa crescere i bambini, come poche altre opportunità.
Le raccomandazione di ogni sera, come una litania: “andate in bagno, lavatevi i denti e poi a letto!”. Gli occhi assonnati di chi si alza presto per giocare la prima partita della giornata. La tenerezza degli accompagnatori che li coccolano per dare loro un buongiorno più simile a quello della loro vera mamma, che li consolano per il piccolo problema da affrontare senza l’aiuto della famiglia.
E poi i cori urlati per incoraggiare i compagni, la stizza contenuta per l’errore fatto, il sorriso per la valida appena battuta. E, ancora, la presa in tuffo e quella in elevazione, come piccoli giocatori di Major; la gioia quando i compagni che si congratulano con te, l’orgoglio per l’applauso dei tecnici della squadra avversaria che hanno apprezzato il gesto atletico.
Il contatto con una squadra che viene da lontano, i cui componenti non parlano la tua lingua, ma con i quali ti comprendi comunque, con loro che hanno imparato lì per lì a dire “buon gioco” e te lo ripetono ogni volta che finisce una partita. Non occorre parlare la stessa lingua per chiedere: “Come tiri tu questo lancio?”; ognuno lo spiega a modo suo, ma la magia dell’intesa traduce per tutti.
I bambini della squadra israeliana che, durante la loro ultima partita, mentre i compagni erano in campo, sono usciti di corsa per andare al bar a comprare caramelle. Loro non possono mangiarle, per questioni religiose e con quel fagottino in mano, quella carta che conteneva cose che ogni bambino vorrebbe divorare, hanno omaggiato altri bambini che, seduti in tribuna, tifavano per loro.
Piccoli ma immensi gesti di generosità e rispetto e purezza d’animo che solo i bambini sanno offrirci.
Non sottovalutiamo mai la loro capacità di convivere.
Basta: è finita l’ora concessa per fare niente. Resta il ricordo. Arrivederci, ragazzi !
Nella foto di copertina di Carlo Marcoaldi del BSC Grosseto 1952, Francesco Cappuccini.
Quando si dice il tempismo di uno scatto.
Sono usciti diversi articoli, ma in nessuno è stato menzionato che il torneo è stato vinto da Arezzo così come anche l’edizione successiva di Arezzo. Il suo articolo è molto bello, emozionante, e riprende in pieno le emozioni che i ragazzi e tutti al seguito hanno provato. Ho letto altri articoli anche su giornali tipo il Tirreno nel quale veniva citato nel mezzo dell’articolo che Arezzo si aggiudicava il torneo ma con foto della squadra del Grosseto. Addirittura su Facebook i risultati fino alla domenica del torneo erano aggiornati quasi in tempo reale ma per incanto al momento decisivo della classifica finale…..voilà stop risultati. Ancora non si sa chi ha vinto.
Per Arezzo è stato un risultato storico e ce lo teniamo per noi però aspettavamo più rispetto e sportività.
Grazie e scusi per lo sfogo
Grazie Moreno per il tuo contributo.
E’ certamente vero quello che hai scritto. (mi permetto di darti del tu, fallo anche tu) Lo dico spesso, nel nostro sport dobbiamo fare tutto da soli. E’ questo uno dei motivi per cui da genitore e giocatori (i miei figli) ci siamo messi a costruire questo blog come passatempo. Non siamo professionisti e le notizie non arrivano neanche a noi, come anche ci rimane difficile raccontare un qualcosa a cui non abbiamo partecipato direttamente come spettatori. Per questo oltre al blog abbiamo un gruppo su facebook con lo stesso nome ed è con quello che andiamo alla ricerca di tutto quello che viene scritto, mettendolo in risalto. Della vittoria a Grosseto non è stato scritto neanche sul sito ufficiale BSC Arezzo, mentre delle Tuscany ad Arezzo c’è ampio risalto con gli articoli del bravissimo amico Sauro Pasquini. Nell’impossibilità di scrivere tutto di tutti spesso a noi piace puntualizzare più gli aspetti emozionali che si vivono in un torneo, rispetto ai risultati alle classifiche di squadra ed invividuali che poi sono riportati sul sito degli organizzatori. Sono confidente che sia possibile in futuro una certa collaborazione anche con l’organizzazione per avere dei resoconti giornalieri che non siano i meri risultati. Grazie di nuovo Moreno e se ti va di collaborare sei il benvenuto. Paolo Baroncini
Signor Moreno, ho letto il suo commento e mi sono sentita in dovere di rispondere. Io non sono una giornalista, sono solo un’appassionata di baseball a cui piace scrivere. Come ha ben potuto notare io scrivo, per scelta, di emozioni, non di risultati sportivi. Lascio, ben volentieri, a chi fa il giornalista sportivo per professione, la possibilità di scrivere e celebrare vittorie e sconfitte. Per quello che mi riguarda, il mio rispetto e la mia sportività intendo trasmetterli proprio non parlando di chi ha vinto o di chi ha perso. La ringrazio per le lusinghiere parole con cui ha giudicato il mio articolo e spero di ritrovarla, ancora, fra coloro che leggeranno i miei scritti.