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Riflettori su..

Addio Chief Wahoo!!

Il capo indiano ucciso per la seconda volta
Si tratterà veramente di un addio alla storia o soltanto di un arrivederci?

 

Il mio amico e compagno di squadra dei Parrots Arezzo Luca Cesari mi informava ieri di un fatto del quale non sapevo, anche perché in Italia battuto soltanto dalla Gazzetta dello Sport. Per farla breve, sembra incredibile, ma è proprio così: dal 2019 i Cleveland Indians dovranno rinunciare al loro storico emblema, in vigore fin dal 1947, dello Chief Wahoo, il capo indiano sorridente ed ilare, che riconosciamo forse come il più incisivo stemma della Major League.

 

Chiaramente un avvenimento del genere non può fermarsi al semplice commento sportivo, visto e considerato che le cause le quali hanno portato alla scelta sono da ricercare nella protesta da parte di un gruppo di nativi americani, che vedono in questo logo un simbolo razzista o comunque un ricordo dello sterminio degli indiani. Si tratta allora di un altro esempio di revisionismo storico, che attraverso la cancellazione di un simbolo o di una nomenclatura dovrebbe mano a mano estirpare le azioni che furono compiute in passato.

 

È chiaro che, come già ci ha dimostrato altre volte, il bigotto puritanesimo anglosassone (presente comunque anche nel nostro Paese) cerca di pulirsi la coscienza per oggettivi malvagi gesti attraverso l’eliminazione di segni, che niente hanno a che vedere con il razzismo. Io, da parte mia, ho sempre guardato quel simpatico indiano come una reminiscenza di quel massacro, un simbolo che ci ricorda: “Non dobbiamo dimenticare una cosa che non dovrà mai più ripetersi”. E i Cleveland sono/erano i custodi e protettori di quel passato. Come si può giudicare quello Chief Wahoo in quanto simbolo razzista? Non ha niente a che vedere con questo ed è chiaro quindi che la decisione della Federazione americana di approvare la sua cancellazione, beh, in parte sia da imputare a quella che potrei nominare sindrome da Ponzio Pilato, del genere “Me ne lavo le mani e risolvo il problema”, dall’altro richiama la necessità di ripulirsi da crudeli azioni compiute, ma che non saranno certo cancellate con l’eliminazione di un simbolo, tra l’altro innocuo.

 

Allo stesso rischio sono sottoposti i Washington Redskins della Nfl di football. Anche loro hanno un indiano come stemma e per ora sono riusciti a resistere, forti anche di una delibera della Corte Suprema (che non si capisce perché non sia arrivata anche per i Cleveland Indians). Insomma, se le cose non cambieranno, noi lo Chief Wahoo non lo vedremo mai più, non vedremo mai più uno degli stemmi sportivi più famosi del mondo e questo a causa di una decisione nata dall’ottuso pensiero che estirpare un simbolo razzista – o presunto tale, come in questo caso, dove di razzismo non c’è niente – significa placare odio ed estremismi.

 

L’effetto invece è l’opposto, i vertici quindi o non comprendono i frutti del loro gesto o, peggio ancora, i frutti li conoscono benissimo e dunque sanno benissimo che in tale modo non soffocano l’odio, ma, anzi, lo aizzano. Il baseball il suo eroe in questo senso già ce l’ha avuto, e anche di spessore: Jackie Robinson, colui che mise fine alla barriera del colore in questo sport e non solo.
È bastato lui e adesso è inutile alimentare il fuoco con queste futilità, che non solo distruggono un emblema, ma, soprattutto, la storia di una squadra e di uno sport.

 

Per concludere in modo social: #ImChiefWahoo
 
Stefano Duranti Poccetti