“I pilastri della creazione” di Pietro Striano consacrano l’immortalità del baseball Di Stefano Duranti Poccetti
di Stefano Duranti Poccetti
I pilastri della creazione di Pietro Striano, terzo e ultimo capitolo del Ciclo dei Vinti, non poteva essere un’opera comune, qui dove l’Autore rinuncia alla classica raccolta di racconti a favore di un complesso che si avvicina al pastiche, in una narrazione dove si fondono teatro e romanzo, come il registro poetico e quello in prosa. La vicenda si fa mitica ed è scandita da scene che vedono come protagonisti un Poeta e un Re, che si raccontano storie sul baseball, con l’ausilio del Coro, elemento che rende l’atmosfera arcaica, riportandoci alla struttura del teatro antico.
“RE: E così è tutto finito amico mio.
POETA: Così sembra mio Re.
RE: Quindi l’umanità è scomparsa?
POETA: Siamo rimasti soli io e te.
- Cosa ci aveva uccisi, te lo ricordi? Un virus?
POETA: Sarà stato l’inquinamento.
RE: O la fame nel mondo.
POETA: Asteroidi io non ne ho visti. Ma l’avete risolta voi grandi Re del globo la fame nel mondo?
RE: No, però a mia difesa ti dico che ne abbiamo discusso tanto.
POETA: Eh beh, se ne avete discusso allora, siamo salvi, almeno la vostra anima lo è, anche se ammetto che io i quattro dell’apocalisse ancora non li ho visti scendere dal cielo. Siamo rimasti io, che sono inutile e te.”
Come si evince dal dialogo iniziale, l’atmosfera è quasi fantascientifica. Sono rimasti soltanto i due in vita e con loro le gesta dei grandi personaggi dello sport, divenute immortali. Anche per il Re il Poeta però la fine si avvicina e con la loro morte ci sarà la fine del tutto, una fine catartica che porterà a un nuovo inizio. Si ripartirà proprio da lì, da quello che permarrà di queste storie mitiche che rimarranno per sempre nella memoria dell’universo.
È così che si susseguono varie narrazioni. Cy Young, The Big Swede, Ty Cobb e molti altri si susseguono in questo testo di centocinquant’uno pagine, con queste grandi figure dello sport che a volte prendono la parola, interferendo nel dialogo dei protagonisti.
Il tutto è raccontato con ispirazione e poesia, giocando in modo ottimale tra i diversi registri, dove l’Autore dimostra di essere a suo agio sia in territorio teatrale, poetico e di narrazione in prosa.
Si tratta di un’opera letteraria, sì, ma le storie raccontate hanno poco di fantasia, perché Striano è un attento studioso di baseball e ogni fatto che ci riporta, ogni statistica, ogni aneddoto, è attentamente documentato. È così che I pilastri della creazione, oltre a essere gradevole dal punto di vista dell’ingegno, diviene anche un testo per scoprire tante vicende curiose e emblematiche della storia di questo sport. Si tratta di vicende e di personaggi immortali, sì, l’abbiamo già detto: in questo mondo, quando tutto sarà raso al suolo e quando non ci saranno più forme di vita… il baseball sarà l’ultimo a morire.
Una recensione di pari livello all’idea di Striano che coinvolge il lettore ad un autentico ed appassionato excursus verso un mondo passato e che genera solo nostalgia. Bravo Duranti Poccetti ad aver presentato da par suo la vibrante armonia del teatro, autentico palco della vita.
Michele Dodde